L'articolo prende in esame l'unico, e dimenticato, contributo di Renato Guttuso nell'ambito della scenografia cinematografica, relativo al film I sequestrati di Altona (1962). Tratto dall'omonima pièce teatrale di Jean-Paul Sartre del 1959, il film è una impegnativa produzione internazionale di Carlo Ponti che sulla carta aveva tutti i requisiti per divenire un grande successo, essendo coinvolti nella sua realizzazione ben quattro recenti premi Oscar: dal regista Vittorio De Sica ai protagonisti Sophia Loren e Maximilian Schell, ad Abby Mann, cosceneggiatore assieme a Cesare Zavattini.
Nonostante tali prestigiose premesse, I sequestrati di Altona si rivela un fallimento: allo scarso successo di pubblico corrisponde una ricezione della critica piuttosto fredda, cui si aggiunge il netto giudizio negativo dello stesso Sartre.
Ambientata nella Germania del miracolo economico del secondo dopoguerra e incentrata su un ex ufficiale nazista autosequestratosi nella soffitta della villa di famiglia, la complessa pièce sartriana presenta in realtà molteplici livelli di lettura oltre a quello più immediato sulla colpa collettiva del popolo tedesco: dalla guerra d'Algeria al dramma che agitava le coscienze dei comunisti europei dopo il XX Congresso del PCUS e i “fatti d'Ungheria”, fino a più profonde questioni di carattere esistenziale. Il film inevitabilmente compie una semplificazione, rendendo però il “teatro di situazione” sartriano un ibrido mélo tinto di intellettualismo.
Tuttavia, tra le diverse modifiche apportate nella riduzione cinematografica, l'intervento di Guttuso, al quale si devono i disegni che coprono ossessivamente le pareti della soffitta-prigione del protagonista e che sono presenti in buona parte del film, ne riscatta almeno in parte le insufficienze. Secondo un linguaggio chiaramente debitore nei confronti dell'espressionismo, e che ben rappresenta la sua corrente fase di “realismo esistenziale”, Guttuso sembra, più di tutti i collaboratori al film, aver penetrato il senso della pièce sartriana. D'altronde, come l'articolo ampiamente documenta, il pittore italiano conosceva e apprezzava l'opera del filosofo francese, con il quale intratteneva anche rapporti di amicizia: non stupisce pertanto che il suo intervento nelle scenografie del film appaia come una modifica interpretativa e al tempo stesso coerente con le intenzioni di Sartre, assai più dell'adattamento operato dagli sceneggiatori.
Nonostante tali prestigiose premesse, I sequestrati di Altona si rivela un fallimento: allo scarso successo di pubblico corrisponde una ricezione della critica piuttosto fredda, cui si aggiunge il netto giudizio negativo dello stesso Sartre.
Ambientata nella Germania del miracolo economico del secondo dopoguerra e incentrata su un ex ufficiale nazista autosequestratosi nella soffitta della villa di famiglia, la complessa pièce sartriana presenta in realtà molteplici livelli di lettura oltre a quello più immediato sulla colpa collettiva del popolo tedesco: dalla guerra d'Algeria al dramma che agitava le coscienze dei comunisti europei dopo il XX Congresso del PCUS e i “fatti d'Ungheria”, fino a più profonde questioni di carattere esistenziale. Il film inevitabilmente compie una semplificazione, rendendo però il “teatro di situazione” sartriano un ibrido mélo tinto di intellettualismo.
Tuttavia, tra le diverse modifiche apportate nella riduzione cinematografica, l'intervento di Guttuso, al quale si devono i disegni che coprono ossessivamente le pareti della soffitta-prigione del protagonista e che sono presenti in buona parte del film, ne riscatta almeno in parte le insufficienze. Secondo un linguaggio chiaramente debitore nei confronti dell'espressionismo, e che ben rappresenta la sua corrente fase di “realismo esistenziale”, Guttuso sembra, più di tutti i collaboratori al film, aver penetrato il senso della pièce sartriana. D'altronde, come l'articolo ampiamente documenta, il pittore italiano conosceva e apprezzava l'opera del filosofo francese, con il quale intratteneva anche rapporti di amicizia: non stupisce pertanto che il suo intervento nelle scenografie del film appaia come una modifica interpretativa e al tempo stesso coerente con le intenzioni di Sartre, assai più dell'adattamento operato dagli sceneggiatori.
Indice
Ireneu Visa Guerrero
Il retablo di Sant'Eulalia del 'Maestro dei Privilegi' e la pittura 'italianizzante' a Maiorca nel primo Trecento
vai all'articolo » pp. 3-51
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Luca Quattrocchi
Guttuso tra Sartre e De Sica: i disegni per l'adattamento cinematografco de I sequestrati di Altona
vai all'articolo » pp. 52-70
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Jacopo Tabolli
Un frammento in impasto inciso con scena nautica da Montalcino
vai all'articolo » pp. 71-73
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Gabriella Cirucci
La cosiddetta Stele del Palestrita nei Musei Vaticani. Segmenti di un itinerario
vai all'articolo » pp. 74-83
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Roberto Bartalini
“Un luogo visto in sogno”. Il restauro, un libro recente e alcune notazioni sul reliquiario di San Galgano, detto di Frosini
vai all'articolo » pp. 84-97
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Gigliola Gorio
Un ante quem per la morte di Jacopino da Tradate e uno spiraglio sulla sua bottega
vai all'articolo » pp. 98-106
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Francesco Caglioti
Una 'Madonna' donatelliana da restaurare, a Terranuova Bracciolini
vai all'articolo » pp. 107-113
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Rosanna De Gennaro
Sulla terracotta di Bonarcado e sul suo autore: Alonso Berruguete?
vai all'articolo » pp. 134-143
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Domiziana Pelati
“Per quella ammistà ch'ebbero fra di lor sempre le penne e i pennelli”. Intorno ai dipinti tasseschi di Camillo Gavassetti
vai all'articolo » pp. 154-166
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Felice Mastrangelo
Agostino Cornacchini: un'autobiografa inedita e alcune precisazioni sull'esordio romano
vai all'articolo » pp. 167-180
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